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Progettare un PoE-PD per applicazioni IoT

I dispositivi connessi a Internet si basano su due elementi essenziali: il backhaul di comunicazione e la potenza. Con l'avvento dei dispositivi IoT i fattori da tenere in considerazione diventano tre: potenza, comunicazione e sicurezza.

Si tratta di tre fattori che le tecnologie wireless, come ad esempio Wi-Fi, anche se adottate e diffuse già da parecchi anni, non sono in grado di far coesistere in maniera ottimale. I dispositivi wireless alimentati a batteria devono essere ricaricati su base regolare mentre le bande di frequenza occupate dai dispositivi Wi-Fi sono spesso sature. Si tratta di due problematiche molto comuni al giorno d'oggi. La potenza richiesta, inoltre, è elevata per cui è necessario il collegamento alla rete elettrica, limitando i possibili punti di installazione e rendendo più complessa l'installazione stessa.

La tecnologia PoE (Power over Ethernet) è stata concepita per risolvere questi problemi garantendo flessibilità, affidabilità, sicurezza e potenza adeguata sfruttando l'infrastruttura Ethernet esistente. Dall'introduzione della prima specifica da parte di IEEE nel 2003, questa tecnologia ha fatto registrare considerevoli progressi. La ratifica della versione più recente di questo standard, IEEE 802.3bt, rende la tecnologia PoE particolarmente idonea a soddisfare le richieste del mercato, in quanto garantisce velocità di trasferimento dati di 10 Gbps (10G-BASE-T) e un'erogazione di potenza compresa tra 60 e 90 W sfruttando i classici cavi di categoria 5/6 (Cat5/Cat6).

Sempre più potenza
Nella versione iniziale, le apparecchiature PSE (Power Sourcing Equipment) di Tipo 1 poteva erogare una potenza massima di 15, 4 W. Con l'introduzione del Tipo 2, tale potenza è stata praticamente raddoppiata, arrivando a 30 W. Nel settembre del 2018 sono state rilasciate le specifiche relative ai PSE di Tipo 3 di Tipo 4, in grado di fornire potenze di 60 e 90 W rispettivamente. Si tratta di livelli di potenza sufficienti a soddisfare le esigenze di una vasta gamma di dispositivi connessi a Internet, tra cui ad esempio stazioni base cellulari e wireless, telecamere PTZ (Pan-Tilt-Zoom) e a cupola, apparecchi televisivi, display interattivi e chioschi informativi. Il singolo cavo a bassa tensione accoppiato contemporaneamente con comunicazione dedicate ad alta velocità permette di ridurre i cablaggi, un sicuro vantaggio per la manutenzione degli edifici “intelligenti” e per l'installazione di applicazioni sia IoT sia IIoT (IoT industriale).

Power over Ethernet è un sistema per l'erogazione della potenza e la trasmissione di tipo cablato che sfrutta le reti Ethernet esistenti per alimentare i dispositivi endpoint (terminali). In questi sistemi il PSE fornisce la potenza attraverso otto fili disposti in quattro coppie attorcigliate (Cat5/Cat5e/Cat6/Cat6a) cablati con connettori RJ45 ai sistemi che devono essere alimentati (PD – Powered Device). La tensione massima che un PSE può fornire a un endpoint è pari a 57 V. Poichè questo valore è inferiore a 60 V, risulta soddisfatta la direttiva SELV (Safety Extra Low Voltage), in modo da assicurare la sicurezza elettrica ed eliminare la necessità di ricorrere a un elettricista qualificato o di dover sotterrare il cavo, semplificando nel contempo l'installazione e la manutenzione. Lo standard prevede un limite di 90 W per porta, che dunque rappresenta la massima potenza che è possibile trasmettere su cavi Ethernet.

Lo standard, che doveva essere rilasciato nel 2017, è stato aggiornato su base continua prima dell'introduzione ufficiale al fine di assicurare la compatibilità con le versioni precedenti. Il più recente aggiornamento alle specifiche PoE, IEEE 803.3bt, prevede l'introduzione di PD (Powered Device) e PSE (Power Sourcing Equipment) di Tipo 3 e di Tipo 4. Al fine di fornire correnti più elevate, il nuovo standard contempla l'uso simultaneo delle due modalità di potenza (Modo A e Modo B), modalità nota come 4PPoE o su quattro coppie - che permette appunto di erogare potenza su tutte e quattro le coppie di fili invece che su due soltanto, come accade per i dispositivi di Tipo 1 e di Tipo 2.

Sono state inoltre introdotte quattro classi aggiuntivi, dalla 5 alla 8, caratterizzate da un processo di identificazione migliorato e funzionalità di classificazione automatica. Questo aggiornamento prevede anche una riduzione del consumo di potenza in standby e il supporto di trasferimento dati a 10 Gbps (10G BASE-T) con la tecnologia PoE.

Progettare con la tecnologia PoE
Nel momento in cui si progettano dispositivi PD (Powered Device) è necessario prendere in considerazione numerosi fattori tra cui modalità di funzionamento, rilevamento del PD e classificazione. Al fine di evitare danni ai dispositivi che non supportano la tecnologia PoE, il PSE deve rilevare che il dispositivo che deve essere alimentato sia connesso prima di erogare la potenza. La modalità PD viene rilevata utilizzando una firma valida, implementata mediante un resistore da 25 kOhm presente nel dispositivo alimentato. Il PSE fornisce due tensioni consecutive (V1 = 2,7 V e V2 = 10,1 V) per il rilevamento della resistenza e registra i valori della corrente, stabilendo in tal modo la presenza del PD prima di inviare la potenza al dispositivo. Nella figura 1 viene riportata la fase di rilevamento del resistore durante la fase di avviamento.


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Andamento delle forme d'onda durante la fase di avviamento

Nella fase di classificazione vengono identificati i requisiti della potenza massima richiesta dal PD. Un altro resistore, connesso al controllore PoE nel PD, indica l'intervallo di potenza. Nella tabella 1 sono riportate le differenti classi e la massima potenza media disponibile per PD a firma singola. La classe non deve essere confusa con il Tipo in quanto quest'ultimo si riferisce alla specifica quantità di potenza che è possibile fornire al dispositivo collegato. Mentre gli standard IEEE 802.3af/at (dispositivi di Tipo 1 e di Tipo “) prevedono solo PD a firma singola, nella versione IEEE 802.3bt vengono aggiunti PD a doppia firma: in questo caso vengono utilizzati rettificatori a ponte di ingresso e un controllore PD per ciascuna modalità di funzionamento o alternativa (A e B).
Un'estensione opzionale della classificazione è la classificazione automatica (Autoclass). Questo tipo di classificazione permette al PSE di misurare il consumo di potenza del PD connesso in un intervallo di tempo specificato, consentendo al PSE stesso di determinare la massima potenza che sarà richiesta dal PD. Tale modalità non è mai implementata con i PD a doppia firma. Nella tabella 1 sono riportate le nuove classi e Tipi previsti dalla più recente versione dello standard relativamente alla potenza disponibili per il dispositivo alimentato, oltre alle modalità di funzionamento supportate da ciascun Tipo.


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Valori massimi di potenza disponibili per PD a firma singola

Una volta rilevato il PD e determinata la sua classe, è necessario che quest'ultimo mantenga la propria firma di potenza. Per i dispositivi di Tipo 1 e di Tipo 2, la minima firma di potenza richiesta era di 10 mA con un duty cycle del 20%. Al fine di mantenere la porta attiva, il valore medio della corrente dispersa era pari a 2,31 mA. Ciò equivale a 115 mW a 50 V, valore che aumenta molto rapidamente nel caso di istallazioni di grandi dimensioni. Per i PD di Tipo 3 e di Tipo 4, il duty cycle è stato ridotto all'1,875%, il che comporta un consumo di potenza inferiore a 10 mW per dispositivo e una riduzione del 90% della potenza dissipata in standby.

L'MPS (Maintain Power Signature, ovvero la minima quantità di corrente che un PD deve assorbire per consentire al PSE di determinare se il PD è ancora connesso) è tassativamente richiesto nelle applicazioni di illuminazione connesse, dove sulla rete è collegato un gran numero di dispositivi. Esso è richiesto, anche se assume un'importanza meno critica, nei dispositivi che devono essere sempre operativi (always-on) come backhaul wireless, punti di accesso Wi-Fi e telecamere di sicurezza.

Modalità PoE per l'erogazione di potenza
L'erogazione di potenza prevede tre modalità: Modo A, Modo B (anche noti come Alternativa A e Alternativa B) e su 4 coppie. Nel caso di applicazioni di tipo 10BASE-T/100BASE-TX (con velocità di trasferimento di 10 e 100 Mbps rispettivamente), in modalità A la potenza è erogata simultaneamente con le coppie dati 1-2 e 3-6. La modalità B, invece, fornisce la potenza utilizzando le coppie dispari 4-5 e 7-8. Nelle applicazioni 1000BASE-T (quattro coppie), sia in modalità A sia in modalità B la potenza è fornita simultaneamente sulle quattro coppie. La tensione di modo comune viene estratta utilizzando la presa centrale di un trasformatore Etherner standard e un convertitore DC/DC fornisce una tensione di uscita regolata al sistema.

Nella figura 2 viene schematizzata l'erogazione della potenza nelle modalità A e B per le applicazioni PoE di Tipo 1 e di Tipo 2, mentre la figura 3 mostra il cablaggio richiesto per la modalità a 4 coppie nel caso di applicazioni di Tipo 3 e di Tipo 4.


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Erogazione della potenza nelle modalità A (sopra) e B (sotto) previste dallo standard PoE


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Erogazione della potenza sulle quattro coppie prevista dallo standard PoE

Un elemento da tenere in considerazione nei progetti che utilizzano la tecnologia PoE è il cavo di interconnessione. Un cavo Ethernet, che può avere una lunghezza massima di 100 metri, è caratterizzato da una resistenza in continua, quindi presenta una caduta di tensione e una dissipazione di potenza sotto forma di calore. Un cavo di categoria 5 (Cat5) è un cavo a fili incrociati per la connessione in rete Ethernet utilizzato per fornire la potenza nelle reti PoE. Esso è caratterizzato da una larghezza di banda di 100 MHz, adatta quindi per applicazioni 10/100/1000BASE-T. I cavi di Categoria 6 (Cat6) rappresentano un miglioramento dei cavi Cat5 e supportano ampiezze di banda fino a 500 MHz, risultando quindi adatti per applicazioni Ethernet che prevedono velocità di 10 Gbps (10GBASE-T).
Un cavo Cat5 di lunghezza pari a 100 metri è caratterizzato da una resistenza in continua di 12,5 Ohm, mentre nel caso di un cavo Cat6 tale valore è pari a 7 Ohm (a parità di lunghezza). Le perdite di trasmissione aumentano nel momento in cui aumenta la corrente nella coppia differenziale. Nel caso di una tensione di ingresso tipica di 50 V in un PD che richiede 25 W, la corrente sarà pari a 0,5 A. Ciò comporta l'aggiunta di una perdita di trasmissione fino a 2,5 W in un cavo di categoria 5 e fino a 1,75 W in un cavo di categoria 6, che viene dissipata sotto forma di calore. Per un dispositivo che eroga 90 W, queste perdite di trasmissione sono condivise tra le quattro coppie, con una corrente di 930 mA per coppia, nel caso il PSE fornisca una tensione minima di 52 V. Ciò risulta in una dissipazione di 17,30 W in un cavo Cat5 e di 2x6,05 W in un cavo Cat6. Da quanto esposto si evince che per qualunque applicazione un cavo Cat5 può essere considerata una scelta adeguata e sicura.

L'importanza della connessione
Nelle installazioni il cablaggio deve essere tenuto nella dovuta considerazione. E' necessario identificare il miglior compromesso tra lunghezza del cavo e potenza da erogare al dispositivo al fine di aumentare l'efficienza e diminuire i rischi di danneggiare il cablaggio.

Progettare un PoE-PD per applicazioni IoT
Confronto tra la soluzione GreenBridge e quella che prevede un ponte di diodi

Il controllore del dispositivo alimentato (PD) converte, e regola con l'aggiunta di un convertitore DC/DC, anche la tensione di ingresso sul lato PD. I ponti a diodi si propongono come una soluzione a basso costo per i dispositivi PoE. Si tratta di una soluzione adeguata per dispositivi che richiedono bassa potenza, ma nel momento in cui la potenza aumenta sorgono alcuni problemi. Con una potenza di 25,5 W e una tensione minima di 42,5 V, attraverso il ponte di diodi scorre una corrente che si può stimare pari a 0,6 A. Ipotizzando una tensione diretta di 0,7 V per ciascun diodo, la potenza dissipata da ogni singolo diodo è uguale a 420 mW. Per un sistema da 90 W il valore della corrente aumenta a 3,7 A, che si traduce in una potenza dissipata di 2,59 W per ciascun diodo.

Un approccio che prevede l'uso di MOSFET permette di ridurre le perdite per conduzione e aumentare l'efficienza rispetto ai tradizionali ponti di diodi (Fig. 4). La prima generazione della serie GreenBridge di ON Semiconductor che integra MOSFET doppi a canali P ed N (FDMQ8203) si propone come una soluzione efficiente offerta in package a montaggio superficiale compatto e ottimizzato dal punto di vista termico (Fig. 5). Le perdite per conduzione sono correlate al valore di RDS(ON) dei MOSFET. Con una RDS(ON) pari a 110 mOhm e 190 mOhm per i MOSFET a canale N e P rispettivamente, la potenza dissipata è uguale a 115 mW per un sistema a 25 W. Tale valore è pari a ¼ rispetto a quello di un ponte di diodi. Nel caso del sistema a 90 W accennato in precedenza, per una corrente di 3,7 A la perdita per conduzione risulta pari a 354 mW, con una riduzione del 13% rispetto alla soluzione basata sui diodi. Anche se una riduzione di questa entità può sembrare esigua a prima vista, non bisogna dimenticare che in un sistema per la gestione di un edificio, dove sono presenti centinaia di sensori PoE, una differenza di questo tipo è senza dubbio significativa. Le soluzioni basate su MOSFET quadrupli di seconda generazione (FDMQ8025A) prevedono valori di potenza nominali più elevati, rettificatori a ponte ad alta efficienza, circuiti per il pilotaggio del gate e sono ospitati in un package MPL di piccole dimension (4,5x5 mm) come gli analoghi prodotti della prima generazione. Tra le altre caratteristiche di rilievo da segnalare i più bassi valori di RDS(ON), pari rispettivamente a 35 mOhm per i MOSFET a canale N e a 76 mOhm per i MOSFET a canale P.


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La soluzione GreenBridge a quattro MOSFET (FDMQ8203) di ON Semiconductor

ON Semiconductor propone anche controllori di interfaccia PoE-PD grazie ai quali ogni dispositivo può trasformarsi in un apparecchiatura alimentata conforme agli standard 802.3af/at e 802.3bt. I controllori di interfaccia NCP1095 e NCP1096 integrano tutte le funzionalità necessarie per poter operare in un sistema PoE, come rilevamento, classificazione, classificazione automatica (Autoclass) e limitazione di corrente durante la fase di spunto. I due controllori supportano una potenza massima di 90 W sfruttando un pass transistor (in pratica un elemento di regolazione) interno/esterno. Essi sono inoltre in grado di indicare quanto è possibile implementare una short MPS (Maintain Power Signature). Una funzione aggiuntiva di rilevamento di un'alimentazione ausiliaria consente l'uso di questi controllori in applicazioni in cui la potenza può essere fornita da un PoE o da un adattatore a parete.

Le schede di valutazione NCP1095GEVB e NCP1096GEVB (Fig. 6) consentono ai progettisti di valutare in tempo brevi il funzionamento di questi due controllori prima di passare all'implementazione fisica del progetto, contribuendo a semplificare il processo di sviluppo. Le due schede comprendono il ponte attivo GreenBridge2, i connettori RJ45 e il trasformatore per LAN.


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Scheda di valutazione NCP1095GEVB / NCP1096GEVB

Considerazioni conclusive
La più recente versione delle specifiche Power over Ethernet (IEEE 802.3bt) permette di estendere l'uso di questa tecnologia a dispositivi che richiedono potenze maggiori, favorendo lo sviluppo di applicazioni caratterizzate da prestazioni più elevate. L'aumento dei consumi di potenza comporta l'insorgere di nuove problematiche che possono essere efficacemente risolte con le numerose soluzioni PoE-PD proposte da ON Semiconductor, tra cui spiccano la serie GreenBridge, un ponte attivo formato da quattro MOSFET, e controllori PoE-PD di semplice implementazione. L'utilizzo di questi prodotti permette di ridurre sia i rischi di progetto sia il time-to-market, rendendo Power Over Ethernet una valida alternativa per le applicazioni IoT.


Progettare un PoE-PD per applicazioni IoT
Autore: Riley Beck
Product Marketing Manager at ON Semiconductor

www.onsemi.com
 

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